
La Legge di Bilancio 2024 introduce, all’articolo 1, comma 171, della Legge n. 207/2024, una significativa restrizione ai requisiti di accesso alla Naspi per coloro che, nei 12 mesi precedenti il nuovo evento di disoccupazione, si siano dimessi o abbiano risolto consensualmente il rapporto di lavoro. Con la circolare 5 giugno 2025, n. 98 l’INPS ha fornito istruzioni amministrative con cui ha chiarito alcune sue posizioni.
Il quadro normativo precedente
Prima della riforma, l’accesso alla Naspi era garantito a chi perdeva involontariamente il lavoro per licenziamento, scadenza di un contratto a termine o dimissioni per giusta causa, oltre ai casi previsti da normative speciali. L’unico requisito richiesto era aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio della disoccupazione (art. 3, D.Lgs. n. 22/2015).
Le novità introdotte
La modifica introdotta dalla Legge n. 207/2024 prevede che, per poter accedere alla Naspi, i lavoratori che si siano dimessi o abbiano risolto consensualmente il rapporto nei 12 mesi precedenti un successivo licenziamento dovranno aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione presso l’ultimo datore di lavoro.
Con la circolare 98/2025 l’INPS ha chiarito che il nuovo requisito contributivo di accesso alla prestazione NASpI si applica agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2025. Pertanto, la norma in esame trova applicazione per le sole domande di NASpI presentate a seguito di cessazione involontaria intervenuta a fare data dal 1° gennaio 2025.
La circolare 98/2025 ha altresì precisato che la norma introdotta dalla legge di Bilancio 2025 non incide sulla determinazione della misura e della durata della prestazione NASpI, il cui calcolo viene effettuato secondo le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 22/2015, nonché secondo le indicazioni fornite con le relative circolari attuative (cfr. la circolare n. 94/2015).
Restano escluse da questa restrizione:
- Dimissioni per giusta causa (art. 2119 c.c.). La circolare 98/2025 chiarisce che tra le ipotesi di dimissioni per giusta causa rientra anche quella relativa alle dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, a condizione che il trasferimento non sia sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciòtindipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro;
- Dimissioni presentate durante il periodo di maternità (art. 55, D.Lgs. n. 151/2001);
- Risoluzioni consensuali nell’ambito delle procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 7, L. n. 604/1966);
- La circolare 98/2025 ha altresì chiarito che tra le fattispecie di risoluzione consensuale è altresì fatta salva l’ipotesi della risoluzione consensuale a seguito del rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in 80 minuti od oltre con i mezzi di trasporto pubblici.
La circolare 98/2025 ha, inoltre, precisato che mentre la cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale deve riferirsi a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la successiva cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione NASpI può riguardare sia un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Requisito di 13 settimane di contribuzione
Qualora, infatti, sia presente una cessazione volontaria da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei dodici mesi precedenti la cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione NASpI, la norma prevede che l’assicurato debba fare valere almeno 13 settimane di contribuzione nell’arco temporale che va dalla data di cessazione per dimissioni/risoluzione consensuale del precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la prestazione NASpI.
Ai fini del diritto, la circolare 98/2025 precisa che sono da considerare utili tutte le settimane retribuite, se rispettato il minimale settimanale, nonché quelle utili ai fini del perfezionamento del requisito
contributivo, come precisato nella circolare n. 94 del 12 maggio 2015. In particolare, si considerano utili:
- i contributi previdenziali, comprensivi della quota NASpI, versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
- i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione e i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
- i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;
- i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare.
Finalità e criticità della misura
L’obiettivo della norma è chiaro: contrastare comportamenti fraudolenti legati a dimissioni seguite da assunzioni fittizie, con successivo licenziamento finalizzato all’ottenimento della Naspi. Tuttavia, questa nuova disposizione rischia di penalizzare lavoratori che agiscono in buona fede, lasciando un impiego per intraprendere nuove opportunità professionali, soprattutto laddove non superino il periodo di prova presso il nuovo datore di lavoro. Il problema si accentua nei casi di lavoratori con elevata professionalità e inquadramento, per i quali i periodi di prova sono generalmente più lunghi.