Dimissioni per fatti concludenti: riflessioni sulla Circ. 6/2025 del Ministero del Lavoro

Anche il Ministero del Lavoro (come già l’Ispettorato Nazionale del Lavoro cfr. il precedente approfondimento) ha fornito le proprie indicazioni sulle novità normative introdotte dalla legge 203/2024 con la propria circolare 6/2025 del 27 marzo 2025. Per quanto le circolari ministeriali non abbiano valore interpretativo vincolante sul piano delle fonti di diritto, ma costituiscono, in linea di principio, un atto interno finalizzato ad indirizzare uniformemente l’azione degli organi amministrativi, privo di effetti esterni (Consiglio di Stato, sez. III, 26 ottobre 2016 n. 4478), le indicazioni contenute nella predetta circolare forniscono utili argomenti da tenere in considerazione quanto al nuovo tema delle dimissioni per fatti concludenti.
Per quanto riguarda il meccanismo di risoluzione del rapporto per effetto delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite) – che consente al datore di lavoro di ricondurre un effetto risolutivo al comportamento del lavoratore consistente in una assenza ingiustificata, prolungata per un certo periodo di tempo (art. 19 della legge) – il Ministero annota innanzitutto che l’effetto risolutivo in questione non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del lavoratore e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma. È quindi necessario un atto che si traduca nell’iniziativa del datore di lavoro.
La durata dell’assenza che può determinare la configurazione delle dimissioni per fatti (superiore a 15 giorni, in mancanza di specifica previsione nel CCNL applicato al rapporto di lavoro) deve essere calcolata in giorni di calendario, sempre ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Quello individuato dalla legge costituisce il termine legale minimo perché il datore – a partire, quindi, dal sedicesimo giorno di assenza – possa darne specifica comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro. Nulla vieta, dunque, che detta comunicazione all’Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo.
La suddetta comunicazione opera anche quale dies a quo per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.
Nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz’altro applicazione ove sia superiore a quello legale. Se, viceversa, sia
previsto un termine inferiore, per il medesimo principio, dovrà farsi riferimento al termine legale.
Sotto tale ultimo profilo, Il Ministero del Lavoro, con nota del 10 aprile 2025, rispondendo ad alcuni quesiti posti dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, ha ribadito la propria posizione secondo cui la norma non consente alla contrattazione collettiva di stabilire un termine inferiore ai 15 giorni, in quanto la possibilità incondizionata di riduzione del termine sarebbe lesiva dell’esigenze di tutela dei lavoratori: le parti sociali potrebbero, infatti, fissare una durata talmente esigua dell’assenza ingiustificata “tale da non porre il lavoratore in condizioni di giustificare tempestivamente le ragioni dell’assenza”.
Interessante è poi l’annotazione ministeriale sulla alternatività del meccanismo introdotto dalla norma in questione rispetto alla eventuale diversa valorizzazione dell’assenza ingiustificata quale condotta disciplinarmente rilevante prevista dalle declaratorie dei CCNL. In tali casi, secondo il Ministero, è possibile seguire l’alternativa via disciplinare secondo il procedimento previsto dall’art. 7 Stat. Lav. e dalle relative previsioni del CCNL. Resta ferma la facoltà dei CCNL di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso – e più favorevole – da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto.
Sotto il profilo operativo, il datore di lavoro – laddove intenda far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni per fatti concludenti – dovrà comunicarla alla sede territoriale dell’Ispettorato, da individuare in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro, mediante comunicazione telematica. Al riguardo il Ministero annota che la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore. Pertanto, l’eventuale presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro.
La cessazione del rapporto avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell’assenza del lavoratore all’Ispettorato territoriale del lavoro, fermo restando che il datore di lavoro non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi. Inoltre, il datore di lavoro potrà trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
Qualora il lavoratore fornisca la prova di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza, così come nell’ipotesi in cui l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, non può trovare applicazione l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro e la comunicazione di cessazione resterà priva di effetti.
Infine, secondo il Ministero la disposizione in esame non è applicabile nei casi previsti dall’articolo 55 del D.Lgs. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate da:
- la lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- la lavoratrice madre o il lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.